Roma: Andrea Donati, Michelangelo Buonarroti Jacopino del Conte Daniele Ricciarelli ritratto e figura nel manierismo a Roma , Rimini, 2010
Se esiste nell'ambito della storia dell'arte una vicenda famosa, descritta e raccontata perfino migliaia di volte, è quella di Michelangelo Buonarroti. L'artista è noto in tutto il mondo e studiato da sempre; si conoscono i particolari della sua vita e le sue opere celeberrime; sono stati indagati i suoi rapporti con i potenti del tempo, le sue scelte 'politiche', le sue amicizie. Le sue idee, le sue meditazioni non di rado appaiono come ineludibile chiave di volta per l'interpretazione di quel vasto e complesso fenomeno che chiamiamo Rinascimento.
Eppure, al momento della verifica, ci accorgiamo che di lui, del sommo artista, del suo tempo, del suo ambiente, delle sue frequentazioni, conosciamo ancora ben poco, quasi a conferma del noto assunto hegeliano per cui proprio quanto è noto, per sua natura non è conosciuto. Ben a proposito, dunque, arriva il volume di Andrea Donati (fig 1), 'Michelangelo Buonarroti Jacopino del Conte Daniele Ricciarelli RITRATTO E FIGURA NEL MANIERISMO A ROMA', appena pubblicato per i tipi della Asset Banca (fig 2) l'Istituto di Credito Riminese che meritoriamente da tempo sostiene simili iniziative, come testimonianza “del grande valore che la cultura d'impresa attribuisce alla ricerca storica e alla creatività artistica”, e il cui esempio -specie in momenti come questo di crisi anche dell'editoria- è auspicabile si generalizzi. L'autore, studioso colto e preparato, già noto per i suoi lavori sul rinascimento e sulla cultura e l'arte adriatica, nella Premessa definisce l'ambito della sua poderosa ricerca, incentrata su quattro studi relativi a Michelangelo, Jacopino del Conte e Daniele Ricciarelli (meglio noto come Daniele da Volterra), chiarendo come, pur partendo da “un fatto minimo, come lo studio del Ritratto di Michelangelo nel Museo di Rimini”, sia inevitabilmente nata una “indagine a tutto campo su pittura e scultura tra Firenze e Roma nel Cinquecento”, nella consapevolezza che “non era possibile affrontare la materia senza una visione complessiva di Michelangelo e del suo tempo”. In buona sostanza, è come se, di fronte ad una personalità di così ampio rilievo, lo studioso abbia espresso la coscienza che quando si affrontano argomenti tanto importanti ed 'universali', se mancano contributi nuovi ed apporti scientificamente rilevanti, se si attenua lo slancio nella ricerca, se viene meno lo stupore della scoperta, la mera esposizione di ciò che già si sa diviene inutile e perfino dannosa. Il volume che né scaturito merita senz'altro l'accoglienza e l'attenzione dovuta alle grandi opere, quelle che lasciano un segno nel tempo perchè hanno il merito di far avanzare gli studi e nello stesso tempo di mettere dei punti fermi. Certamente l'argomento era di quelli che si prestavano, dato che il 'ritratto' michelangiolesco non aveva conosciuto mai, prima d'ora, un rilievo così adeguato. Eppure, come Donati giustamente sottolinea :”il ritratto ha un valore speciale nell'opera di Michelangelo ed è un elemento fondamentale per comprendere la sua vita e la sua arte”, dal momento che il sommo artista concepì “una concezione del volto e del corpo umano come manifestazione della potenza divina”: una sorta di paradigma dell'idea stilnovista della 'donna angelo' che Dante descrisse “venuta in terra a miracol mostrare”. Veramente affascinante è il percorso che l'autore suggerisce, articolato in quattro densi capitoli, ognuno dei quali, per la verità, meriterebbe una recensione. Ci piace però in questa sede porre l'attenzione del lettore almeno su qualche passaggio dell'eccellente lavoro che indaga aspetti poco approfonditi, specie laddove -per quanto concerne il primo capitolo, 'Michelangelo Buonarroti. Indagini sul ritratto' - l'analisi iconografica riflette una vicenda storica, come nel caso del notevole disegno -ben più di un 'ritratto da ricostruzione'- del fiorentino Manno Donati (fig 3) che sembra riprendere vita, quasi un secolo e mezzo dopo, mentre fugge urlando ai suoi compagni 'Siamo perduti!”, nella battaglia di Cascina del 1364. Oppure, laddove l'analisi critica delle opere è aggiornata alla luce di nuovi riscontri e contributi iconografici, come nel caso delle statue della Cappella Piccolomini nel Duomo di Siena (fig. 4 ) Oppure ancora laddove l'artista elabora il profilo, non privo di “significato erotico platonico”, come hanno notato gli studiosi, dei “giovani eletti”, Andrea Quaratesi (fig 5 ) e Tommaso de' Cavalieri, il giovane diciassettenne “intelligente, nobile e bello” per il quale, com'è noto, Michelangelo concepì una vera passione che non si esaurì se non alla sua morte: sarà proprio Tommaso a redigere l'inventario delle cose rimaste nella casa romana dell'artista di Macel de' Corvi. Insieme a lui, al capezzale del grande genio, si trovava, tra pochi altri amici, anche Daniele da Volterra, “l'allievo prediletto” del grande artista, al quale Donati dedica un saggio molto rilevante 'Daniele Ricciarelli Il ritratto di Michelangelo in bronzo', che fa luce in modo definitivo sulla genesi, le motivazioni, le varie commissioni che videro protagonista il Ricciarelli quale scultore-ritrattista di Michelangelo. Sempre a proposito dell'effige michelangiolesca, questa volta dipinta su tela, risulta decisivo il capitolo intitolato 'Il Ritratto di Michelangelo Da Giuliano Bugiardini a Daniele Ricciarelli' laddove l'autore scioglie risolutivamente, a favore di quest'ultimo, il dilemma dell'attribuzione del noto Ritratto di Michelangelo Buonarroti del Metropolitan Museum di New York, un dipinto 'non finito' ( fig 6 ) ed anche per questo ritenuto da molti un lavoro di Jacopino del Conte, non completato a causa delle note vicende che misero in forte contrasto il Buonarroti con Jacopino e con suo cognato, l'architetto Nanni di Baccio Bigio, accusati di tradimento e appellati come “vilissimi furfanti”. E questo cambiamento di paternità implica che il dipinto non possa più essere considerato l' exemplum con cui risolvere la questione dei ritratti romani di Jacopino, che, come del resto sottolinea Donati, al pari di “altri fatti della pittura tosco-romana del Cinquecento richiedono un nuovo metodo d'indagine”. Ma per tornare alle vicende di vita del Buonarroti, sarà sempre Tommaso de' Cavalieri che favorirà l'incontro e l'amicizia di Michelangelo con Vittoria Colonna, probabilmente raffigurata come Sofonisba da Sebastiano del Piombo (fig 7) e quindi con l'ambiente in odore di eresia degli 'spiritualisti' che sarà disperso, com'è noto, dopo la salita al soglio Pontificio di papa Paolo III Carafa e l'accelerazione controriformista della chiesa di Roma. Del giovane nobile romano, di cui malauguratamente è andato disperso il ritratto disegnato da Michelangelo, Donati propone ora di riconoscere i tratti in un disegno della Royal Library, nel castello di Windsor, che raffigura una “testa di giovane androgino con elmo antico in testa, generalmente classificato tra le 'teste divine' e variamente ritenuta una derivazione o un autografo di Michelangelo” (fig 8). Un basilare capitolo del volume Jacopino del Conte Proposta di un catalogo ragionato è dedicato ad un grande artista, già molto noto agli 'addetti ai lavori' ma la cui personalità non è così conosciuta, forse proprio perchè mancava, fino ad oggi, un profilo storico-critico completo. Anche qui, lo svolgimento è tutto da leggere: il contesto storico artistico è ricostruito con precisione e ricchezza di particolari inediti ed anche la storia critica delle opere risulta aggiornata con nuovi esaurienti riscontri. Ma nel parlare di Jacopino del Conte, non si può fare a meno di considerare la figura del suo maestro, Andrea del Sarto, uno tra i maggiori pittori fiorentini di tutti i tempi, anch'egli da sempre al centro dell'attenzione di critici studiosi e pubblico. Come nota bene Donati “occorre dapprima individuare le linee portanti dell'opera del maestro in funzione dello sviluppo artistico del suo allievo e collaboratore”. Andrea del Sarto, in effetti, fu “decisivo per l'avvio della fortunata carriera di Jacopino” il quale fu assiduo frequentatore della sua bottega, nonché “uno dei suoi più fedeli copisti”. E proprio approfondendo la questione delle “repliche e copie” di opere sartesche, Andrea Donati ha potuto valersi di nuove testimonianze, frutto del suo inesausto slancio e della sua ricerca tanto paziente quanto efficace e coraggiosa. Ci riferiamo in particolare al ritrovamento di una splendida Madonna col Bambino (fig 9) una tavola inedita pubblicata ora come “duplicazione autentica di Andrea del Sarto”, dopo essere stata ritenuta copia della nota Madonna Borghese e del Ritratto di Baccio Bandinelli, (fig 10) un dipinto di eccezionale qualità e valore artistico, che s'impone, a parere dello studioso, con il crisma dell'opera prima originale, sulle altre quattro versioni conosciute, a cominciare da quella degli Uffizi; le sue argomentazioni non lasciano spazio a dubbi :” La freschezza e l'originalità del dipinto -scrive Donati- appaiono evidenti all'esame delle fotografie ai raggi infrarossi. Il disegno... la trasparenza dei colori … la rapidità e la sicurezza delle pennellate corrispondono al più tipico procedimento sartesco” Per concludere, occorre davvero ribadire che il libro di Andrea Donati è un testo da non perdere. Ma non solo per tutti i motivi che abbiamo evidenziato seppur schematicamente -a fronte di un lavoro di così ampio respiro e significato-. Il volume -peraltro un autentico must editoriale, riccamente illustrato con splendide foto- è capace di attrarre l'attenzione tanto degli studiosi, quanto di lettori non 'specialisti' ma semplicemente interessati alla disamina di vicende sia pure di rilievo purché affrontate con il piglio e la capacità oltre che del ricercatore, del divulgatore, capace di un'esposizione chiara e appassionata, che delinea personalità e storie documentate in modo inappuntabile, a dimostrazione di quanto sia stata vissuta e partecipata questa esemplare esperienza di studio. Pietro di Loreto
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